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empatia ed elogio del vuoto

Giugno 2014                                                                                                                                                                      COMUNICATO STAMPA

                                                                                                                         

DNA  Marateacontemporanea, Ass. culturale arti visive

via dell’Unità d’Italia, 16 - 85046 Maratea PZ

                                                                              

 

 

EMPATIA ED ELOGIO DEL VUOTO

 

Opere di Gianluca Brando e Hsing-Chun Shih

A cura di Pasquale Persico

 

Inaugurazione mercoledì 11 giugno 2014, ore 18.30

Fino al 20/6/2014  

 

 

 

La mostra che DNA propone con lo scultore Gianluca Brando e la Pittrice Hsing-Chun Shih richiama subito alla mente le proposizioni multiple di Jorge Cruz Pinto e il suo Elogio del Vuoto.

I due artisti si congiungono dentro e fuori la loro ricerca che dà un significato positivo al concetto di vuoto.

La sottrazione del colore nella pittura di Hsing-Chun Shih è in realtà nuova luce sul e dal bianco che moltiplica l’espressività dei paesaggi della mente. Data l’epoca in cui viviamo di elogio dell’accumulazione, riproduzione, molteplicità d’immagini e di oggetti, e di fissazione nell’apparenza dell’immagine multipla di un mondo in metamorfosi, la riflessione intorno al vuoto cerca di evidenziare un percorso alternativo alla condizione del territorio e della natura, caratterizzato dalla cultura frenetica. I colori altri appaiono come segni temporanei, espressivi ma temporanei per lasciare al bianco, vuoto, il significato di permanenza della possibile ripartenza generativa.

Il nero del vuoto nelle sculture di Gianluca Brando è anch’esso gemello di luce. Tale vuoto, in altri tempi significativo e potenzialmente contenitore di molteplici segni vissuti, multi e meta funzionali, è circondato da spazi materici residuali non privi di significato e di senso.

L’importanza espressiva della mostra è contemporaneamente empatica, metafisica e metafunzionale,  come la semplice necessità di respirare, valida in qualsiasi realizzazione nello spazio, qualsiasi sia la forma in cui si presenta, parallela a livello di discorso, di musica, di pittura, di scultura, di territorio, di paesaggio, di città o di architettura. L’empatia capovolge i significati e questa volta lo spazio che si lascia è più importante dello spazio che si riempie.

Inteso come principio di spoliazione estetica di carattere essenziale ed esistenziale, l’Elogio del Vuoto  che può accompagnare un’interpretazione della mostra ci permette di vedere l’operativo legato al processo creativo e percettivo-interpretativo, in cui il vuoto costituisce lo sviluppo ed il culmine del modello concettuale dello spazio-limite e delle categorie di produzione e ricezione: apparenza, emergenza, latenza;  il vuoto diventa così una ricerca, un modo di tentare di incontrarci nel labirinto dell’esistenza.

 

 

Orari di apertura: 18.00 - 20.30.    Informazioni: Raffaele Iannone 330685875, Mimmo Longobardi 3421915423

Post pubblicato:
Sabato, 7 giugno 2014 - 23:51:33

lucisorgenti7

workes in exhibition Lucisorgenti 7, Cascia

Post pubblicato:
Domenica, 25 maggio 2014 - 15:11:32

di un angelo, una beghina, quattordici artisti e un borgo medievale.

Per la sua settima edizione LuciSorgenti si fa in tre e anima gli spazi del centro storico di Cascia (PG) con una mostra personale, una collettiva e una performance teatrale. Declinare al plurale questi spazi storici è la missione di un manipolo di artisti, dalle storie diverse, ma dagli sguardi aperti uno sull’altro e sul territorio.

La personale di Aldo Grazzi (Pomponesco, 1954) ruota attorno a un ciclo dedicato all’episodio biblico di Tobiolo e l’ Angelo. L’interesse dell’artista per il tema è derivato dalla suggestione provata osservando la scultura lignea quattrocentesca di Scuola marchigiana conservata proprio a Cascia presso la Chiesa di Sant’Antonio.(...) L’attività di Aldo Grazzi come docente di Pittura e Tecniche Extra mediali presso l’Accademia delle Belle Arti di Venezia – dove queste sculture sono anche state esposte presso la galleria Marignana Arte - e il suo legame con questa città lo collega anche ai giovani artisti che espongono i loro lavori nella mostra collettiva presso il Palazzo Santi, accomunati dalla loro formazione e dalla rara capacità di confrontarsi con un gruppo e un ambiente molto caratterizzato senza tradire se stessi.

Il titolo Tracking Point richiama scenari di guerra. Si tratta infatti di un “punto di monitoraggio”, una postazione che viene selezionata per la sua importanza strategica e per l’apertura della sua visuale sull’ambiente circostante. In ambito militare lì viene solitamente collocato un soldato armato, pronto a intervenire in caso di bisogno, qui ogni singolo artista si attesta nel suo punto di osservazione privilegiato dal quale interagisce con gli altri tramite la sua opera e, inevitabilmente, riceve nuovi spunti per proseguire la sua ricerca.

Estremamente calzante è il lavoro esposto da Miriam Montani (Cascia, 1986). Le sue Torri d’Avvistamento e la Torre dell’Avvistata, realizzate in mattoni edili dipinti a Secondo Fuoco e mattoni edili grezzi, riprendono il motivo delle torri medievali che caratterizzano il paesaggio della Valnerina e anche di Cascia. Un tempo esse servivano per avvistare i nemici, oggi alludono all’isolamento e alla paura in cui si tende a rinchiudersi. O forse si è rinchiusi. In una delle torri, infatti, una figuretta in ceramica sembra essere prigioniera dell’altezza e del vuoto che la separa dal mondo. Essa allude anche al crescente controllo che la società esercita sull’essere umano, manipolandolo ed emarginandolo mentre illude di includerlo. (...)

La natura e la sua preminenza come “punto di monitoraggio” privilegiato non esauriscono mai le loro possibilità espressive e soprattutto il loro potere di attrazione sui giovani artisti contemporanei. Infatti, l’opera di Hsing-Chun Shih (Arabia Saudita, 1986, ma di nazionalità taiwanese), di vocazione profondamente pittorica nel senso più intenso del termine, recupera e integra la tradizione orientale, che tende sempre a riprodurre un pensiero definito – una meditazione per immagini – con quella occidentale, molto più attenta all’uso del colore e alla spontanea espressione del sé.  L’incontro con l’opera di Gianfranco Baruchello e i suoi studi veneziani le hanno aperto gli occhi sull’importanza del bianco, come vero e proprio strumento di semplificazione della struttura dei suoi dipinti. I lavori esposti, influenzati anche da un periodo di residenza lucano, riflettono questa rarefazione linguistica e pittorica e tratteggiano in modo essenziale, ma non per questo meno ricco di senso, un rinnovato paesaggio interiore.

Giocano sulla presenza-assenza degli spazi vuoti le sculture di Gianluca Brando (Maratea, 1990) che portano in sé impresse le tracce del loro farsi. La superficie scabra – ed estremamente ricettiva nei confronti dell’aria e della luce – degli elementi scultorei in terracotta, gesso, cemento si fa alveo per la sedimentazione materica e per quella dello sguardo, costretto a sostare nelle pieghe dell’oggetto. Forme primitive che ripercorrono e rinnovano ricerche di lungo corso, da Giuseppe Penone a Michael Dean e che si impongono senza fatica nello spazio.(...)

Nell’ambito della manifestazione LuciSorgenti si innesta la forza creativa dell’opera performativa di Monica Palma con Francesca Massari, Raffaella Molinari e Monica Palma intitolata Minne nome d’amoreL’azione è stata rappresentata in altre occasioni, ma deve la sua nascita al forte legame con la Serra Maggiore di Parcobaleno, Bosco Virgiliano (Mn).

Al centro della narrazione c’è Mechthild von Magdeburg, scrittrice  e mistica del XIII secolo, appartenente al movimento delle Beghine del Nord, donne che hanno praticato l’amore per la libertà e l’indipendenza verso l’autorità maschile ed ecclesiale. Scrive Monica Palma che  “a lei Luisa Muraro ne ‘Il Dio delle donne’ attribuisce l’invenzione dell’amore per niente e fatto di niente, amore annientato, che opera la grande decantazione  di tutte le costruzioni e di tutte le mediazioni umane e ne fa un’apertura totale all’Altro che consente all’anima di abbeverarsi ad esso, l’Altro, il reale”. Innegabile il punto di contatto con la figura della mistica Santa Rita da Cascia, che rese l’amore per Dio il punto più sublime della sua esistenza.

La figura di Mechthild von Magdeburg viene resa attraverso un’ipotesi performativa del suo libro “La luce fluente della divinità”, il primo testo in prosa di lingua tedesca. La Minne del titolo è una vergine che “sorgente inesauribile di poesia e di virtù, simbolo di fedeltà e dedizione sempre rinnovato, che fluisce da e verso l’anima” scrive Donata Negrini. La sfida è raccontare l’amore scevro da qualsiasi contaminazione dell’Eros pagano e dell’amore romantico contemporaneo, rifacendosi direttamente al termine tedesco “liebe”: uno stato di grazia disinteressata, raggiunto il quale, si è davvero prossimi alla divinità.

 

Chiara Ciolfi

 

 

 

 

Post pubblicato:
Sabato, 24 maggio 2014 - 19:50:31